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Le fosse

Il pianeta terra, o meglio il suo strato superficiale chiamato crosta terrestre, non è compatto e indiviso, ma fratturato analogamente alla superficie di un lago montano ghiacciato. Lo spessore dello strato solido che “galleggia” sopra lo strato liquido e caldo chiamato astenosfera, varia a seconda dei luoghi, in particolare è generalmente più spesso al di sotto dei continenti e più sottile in corrispondenza di particolari formazioni geologiche chiamate rift.

Le zolle, così si chiamano le grandi aree di crosta terrestre indivise, sono circondate da diversi sistemi di frattura. Questi sistemi di frattura si manifestano in forme molteplici a seconda dell'effetto o del movimento, l'una rispetto all'altra, delle zolle lungo la linea di contatto. In alcuni casi, una zolla è trascinata al di sotto di un'altra, questa conformazione comporta la formazione di lunghe fosse lungo la linea di cosiddetta subduzione. Questo solitamente avviene nel caso in cui una zolla piuttosto spessa, come può essere quella di un continente, si trova a contatto con una zolla più sottile, in certi casi quella di un oceano. La spinta trasversale alla linea di unione tra le due zolle, fa in modo che la zolla sottile si muova verso il continente incuneandosi al di sotto della zolla solida e profonda. Lungo la linea di contatto si forma così una fossa. La profondità delle fosse oceaniche può variare da poche centinaia di metri fino a raggiungere valori limite come la fossa delle Marianne, che raggiunge gli 11.000 metri.

 

Fig. 17 – Le fosse

Quando il lembo di una zolla è costretto a incunearsi sotto un'altra zolla, in quel punto si formano le fosse.

Immagine tratta da:

La tettonica delle placche - Zanichelli

 

Spesso il dislivello di giunzione dove si formano queste fosse è mitigato dalla presenza di materiale di riporto o di deposizione.

Fig. 18 – Riporto deposizionale delle fosse

Il continuo depositarsi di materiale eroso alle montagne da parte dei fiumi, forma, in corrispondenza delle fosse, uno strato di materiale deposizionale che tende a nascondere la presenza della fossa. La realizzazioen di carotaggi rende però possibile la loro identificazione.

Immagine tratta da:

La tettonica delle placche - Zanichelli

 

Eseguendo perciò un carotaggio in prossimità di una costa, è possibile incontrare un ampio spessore di roccia stratificata sedimentaria, per poi raggiungere lo strato originale della piastra, ovvero della parte di zolla sottile spinta al di sotto del continente. La piastra, viene quindi spinta all'interno dell'astenosfera dove può raggiungere profondità anche di settecento chilometri, prima che il calore presente all'interno di questo strato caldo riesca a fondere anche la piastra, annullandone così gli effetti conseguenti al suo collegamento con la zolla cui è unita. I terremoti dovuti a fratture o comunque a movimenti o tensioni geologiche presenti in prossimità delle piastre in subduzione, possono avere un ipocentro profondo appunto anche 700 chilometri.

 

I rift

Le zolle possono essere divise anche da strati particolarmente sottili di crosta in cui l'astenosfera sottostante è riuscita a raggiungere la superficie della crosta fino a provocare la fuoriuscita di magma.

Fig. 19 – I rift

L'allontanamento di due placche, tende a far fuoriuscire materiale caldo dall'astenosfera. In questo caso si ha la formazione di un rift, ovvero di una spaccatura ai cui fianchi sorgono numerose formazioni collinari.

Immagine tratta da:

I regni della Vita – Le montagne – Mondadori

 

 

 

Esistono spesso, in corrispondenza di queste lunghe linee di contatto, numerose serie di vulcani, dovute proprio alla minore consistenza dello strato di litosfera. I vulcani si manifestano in corrispondenza di piccole zone, in cui movimenti convettivi di roccia fluida particolarmente calda presente all'interno dell'astenosfera, sono riusciti a fondere l'ultimo strato di litosfera. Quindi l'enorme pressione della lava mista a gas caldi, ne provoca la fuoriuscita frammista a cenere e lapilli anche a grande velocità, costituendo così le formazioni vulcaniche. I vulcani quindi sono presenti in corrispondenza di linee di contatto di zolle con fasce sottili, che tendono ad allontanarsi l'una dall'altra. Lungo queste fasce sottili l'astenosfera tende a spingere provocando l'incurvamento della litosfera verso l'alto e quindi costituendo anche più o meno elevate formazioni montuose. In taluni casi al di sotto degli oceani, l'erosione delle correnti marine, e l'enorme pressione dovuta all'acqua soprastante, non si verifica la formazione di catene montuose, ma si può notare, attraverso sistemi tecnologicamente avanzati, fasce di rocce di diverse età che provano l'allontanamento di due zolle adiacenti.

Uno di questi sistemi, il più importante, è quello costituito dalla rilevazione delle memorie magnetiche delle rocce. I rilevatori posti su navi, sono in grado di rilevare la disposizione dei minerali metallici presenti all'interno delle rocce. Successive elaborazioni sono poi in grado di determinare la polarità magnetica dei poli al momento di formazione di quella determinata fascia di roccia. Conoscendo la misura media annuale dell'ampliamento del rift, è possibile determinare il numero approssimativo di anni occorsi per la formazione di ogni fascia omogenea, quindi, mediante il confronto con altri dati archiviati, riconoscere l'età delle rocce partendo dall'era attuale (fasce di roccia in adiacenza alla frattura o rift) fino a rocce più antiche (via via che ci si allontana dal rift).

Fig. 20 – Le rilevazioni geomagnetiche

L'allontanamento delle zolle comporta un accrescimento dei loro lembi da parte di materiale inizialmente fluido solidificatosi. La rilevazione geomagnetica può stabilire via via la velocità di allontanamento delle placche.

Immagine tratta da:

La tettonica delle placche - Zanichelli

 

 

 

Le dorsali

Le dorsali costituiscono un altro limite tra le placche e indicano condizioni in cui le stesse, a causa delle pressioni cui sono sottoposte l'una verso l'altra, provocano la formazione di elevate catene montuose. Questo tipo di formazioni montuose, non è sempre accompagnata dalla presenza di vulcani. Avviene perciò, come nel caso del continente africano e di quello europeo, che un continente (nel nostro caso l'Africa), è spinto in una direzione opposta a quella di un altro continente (l'Europa). Nella linea di giunzione, accade che una zolla sormonta quella adiacente provocando la formazione di lunghe catene montuose lineari come le Alpi.

Fig. 21 – Le dorsali

Le spinte tra le placche possono avere effetti diversi. Oltre alla subduzione, ovvero il fenomeno che le trasporta al di sotto di un'altra, le spinte sono la causa del formarsi delle catene montuose. Le alpi, per esempio sono una dorsale causata dall apsinta dell'Africa verso l'Europa.

Immagine tratta da:

La tettonica delle placche - Zanichelli

 

Le rocce delle Alpi infatti sono notevolmente diverse da quelle presenti all'interno dell'Austria o della Svizzera, zone che fanno parte del continente eurasiatico.

Al di sotto dell'oceano analoghe forze continuano a provocare la formazione di dorsali che costituiscono vette elevate anche più dell'Everest, il monte più alto delle terre emerse.

Le trasformi

Lungo i confini delle zolle esiste ancora un'ulteriore manifestazione che ne indica i diversi movimenti. Le zolle infatti possono anche limitarsi a scorrere l'una rispetto all'altra in corrispondenza di una linea di frattura. Questa configurazione viene chiamata trasforme.

Fig. 22 – Le trasformi

Le spinte tra le placche possono causare lo spostamento laterale di una rispetto ad un'altra. Spesso da questo fenomeno scaturiscono terremoti a causa dell'attrito che tende a bloccare lo scorrimento.

Immagine tratta da:

Il Modello Friuli – Provincia di Udine

 

Le trasformi possono evidenziarsi con movimenti relativi del suolo verso destra o verso sinistra. In corrispondenza delle trasformi avvengono una buona parte dei terremoti poco profondi, cioè quelli più distruttivi.In taluni casi le zolle adiacenti le trasformi possono avere effetti di subsidenza positiva o negativa l'una rispetto all'altra, ovvero essere oggetto di innalzamenti o abbassamenti di quota. Può capitare facilmente, in campagna, di incontrare una piccola trasforme locale. Dislivelli relativamente piccoli (un metro o poco più), presenti lungo linee sufficientemente lunghe e evidentemente non artificiali, possono indicare la presenza di una trasforme naturale.

Le trasformi possono essere caratterizzate dalla presenza di rocce o fossili della stessa specie, in nette zone distanziate l'una dall'altra. Rilevando questa distanza si può determinare il movimento della trasforme e calcolarne la velocità di spostamento, infine intuire, a grandi linee, quando è possibile che le forze di attrito delle due placche si siano accumulate tanto da presumere il possibile scatenarsi di un terremoto.

 

 
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